Candog I

STORIA

Candog3Al termine del secondo conflitto mondiale la ditta Officine Galileo di Firenze, già produttrice di sistemi di meccanica di precisione e di elementi ottici, nonché di apparecchi fotografici, per scopi militari, si trovò nella condizione di dover riconvertire la sua produzione e, alla luce delle esperienze accumulate, si dedicò alla produzione di obiettivi e macchine fotografiche.

Nel 1947 viene presentata la Condor: una fotocamera a telemetro in grado di usare la pellicola tipo 135 con obiettivo fisso rientrante, ispirata alla Leica ma dotata di alcune interessanti varianti.

La Officine Galileo, dopo anni passati a produrre solo per lo stato si ritrova senza un’adeguata rete di distribuzione dei propri prodotti. Per far fronte a questo problema viene sottoscritto un accordo commerciale con la Ferrania per la distribuzione dei prodotti, fotocamere nella fattispecie, realizzati dalla casa fiorentina, accordo che tra l’altro prevedeva l’apposizione del marchio Ferrania sulle macchine fotografiche prodotte dalla Officine Galileo. La Condor ebbe comunque un buon successo e fu proposta al mercato in varie versioni fino alla metà degli anni cinquanta dello scorso secolo, quando la Officine Galileo decise di abbandonare la produzione delle macchine fotografiche, dedicandosi ad altri settori.

Invece la Officine Galileo riesce a mettere in piedi una propria rete di distribuzione in Australia, escludendo quel paese dall’accordo con la Ferrania, e di conseguenza vende le macchine fotografiche con il proprio brand. Per finalizzare questa operazione si ritrova a dover però a dover cambiare il nome dei prodotti e così la Condor (Ferrania) diventa la Candog (Officine Galileo).

La macchina oggetto di questa recensione è proprio la versione australiana, ovvero una Officine Galileo – Candog I.

DATI TECNICI

Modello: Fotocamera a telemetro 35 mm. monobiettivo con esposizione manuale. Messa a fuoco manuale.

Formato: 24x36mm.

Obiettivo Standard: Fisso (non intercambiabile). Officine Galileo – Eliog 1:3.5 5cm. Schema ottico composto da quattro lenti, all’epoca la lunghezza focale era espressa in centimetri e non millimetri come oggi. L’obiettivo è rientrante nel corpo macchina.

Modi d’Esposizione: Esposizione manuale.

Otturatore: Iscus Rapid: centrale incorporato nell’obiettivo a controllo meccanico, realizzato con lamelle metalliche. Tempi di posa in manuale impostabili su posizioni fisse tra 1/500 e 1’’, variabili a mezzo ghiera posta frontalmente sull’obiettivo e posa B; la scala dei tempi non è proprio quella a cui si è abituati oggi e riporta i seguenti valori: 1/500, 1/250, 1/100, 1/50, 1/25, 1/10, 1/5, 1/2, 1 e B. Da notare che il caricamento dell’otturatore è indipendente dal sistema di avanzamento della pellicola: bisogna agire su una levetta posta sull’obiettivo.

Diaframmi: A sei lamelle, impostazione tramite cursore posto sull’obiettivo sotto la ghiera dei tempi; anche la scala dei diaframmi è diversa da quella oggi in uso, i valori indicati sono: 3,5 – 4,5 – 6,3 – 9 – 12,5 – 18 e 25 (valori che di fatto sono quelli intermedi delle ottiche moderne).

Flash: Accessorio. Esposizione manuale, sincro flash su tutti i tempi grazie all’otturatore centrale. Il corpo macchina è privo di slitta porta flash, si deve dunque ricorrere all’uso di una slitta. La presa di sincronizzazione per il flash è sull’obiettivo, in questo esemplare però si tratta di un attacco a baionetta.

Autoscatto: Non previsto.

Esposimetro: Non previsto: per la misurazione dell’esposizione ci si deve basare sulle indicazioni di un esposimetro esterno o sulla regola del 16 (magari coadiuvata dalle indicazioni riportate nella confezione della pellicola.

Compensazione dell’Esposizione: Non prevista.

Mirino: Anzi per essere precisi Mirini … infatti ce ne sono due! Entrambi di tipo galileiano, uno per inquadrare e comporre l’immagine e l’altro per la messa a fuoco di precisione con il telemetro. Il mirino dedicato all’inquadratura e composizione dell’immagine ha un fattore di ingrandimento stimato pari a 0,70x con l’obiettivo 50mm. all’infinito; l’errore di paralasse è ridotto anche grazie al lieve disassamento rispetto all’obiettivo, ma non ci sono riferimenti utili per la sua correzione. Il mirino dedicato alla messa a fuoco di precisione con il telemetro, posto a sinistra sulla calotta superiore in prossimità del smanettino di riavvolgimento, inquadra solo l’area centrale dell’immagine, ha un fattore di ingrandimento stimato pari a 1,60x con l’obiettivo 50mm. all’infinito, dispone inoltre di ghiera di correzione diottrica per compensare eventuali difetti dell’occhio del fotografo.

Messa a Fuoco: Manuale tramite telemetro, da controllare attraverso il mirino apposito. La messa a fuoco viene comandata tramite ghiera posta sul corpo macchina e coassiale all’obiettivo. Scala delle distanze solo in feet (piedi).

Indici nel Mirino: Nessuna.

Avanzamento e Riavvolgimento Pellicola: Manopola metallica zigrinata di avanzamento posta a destra sulla calotta. Riavvolgimento a mezzo manopola zigrinata posta a sinistra sulla calotta. Il pulsante di sblocco per il riavvolgimento e posto sulla calotta nelle vicinanze della manopola di avanzamento.

Contapose: Additivo ad azzeramento manuale, effettua inoltre il conteggio alla rovescia riavvolgendo la pellicola. E’ posizionato sul fondello del corpo.

Esposizioni multiple: possibili senza limitazioni, tramite azionamento di una seconda levetta di scatto posta sull’obiettivo.

Alimentazione: Non prevista.

Dorso: Fisso, incernierato su lato destro.

Dimensioni: Lunghezza 123 mm. circa; altezza 77 mm. circa; profondità 62 mm. circa con obiettivo estratto, 47 mm. circa con obiettivo retratto.

Peso: 550 gr. circa.

LA MACCHINA

A prima vista la ‘’Officine Galileo Candog I’’ sembra uno dei tanti cloni derivati dalla Leica, ma le differenze ci sono e non si limitano solo all’estetica:

– il corpo è sufficientemente compatto e, per l’epoca, leggero;

– l’obiettivo è fisso e non intercambiabile;

– i mirini sono due, di cui uno fornito di ghiera di correzione diottrica per compensare eventuali difetti di vista del fotografo;

– l’otturatore è centrale e incorporato nell’obiettivo, con il vantaggio della sincronizzazione del flash su tutti i tempi.

La calotta superiore
La calotta superiore

Prendendo in mano per la prima volta una Candog I (come pure una Condor I) si resta sconcertati: la calotta superiore si presenta solo con le manopole di avvolgimento, di riavvolgimento, con il pulsante di scatto, il cursore per il riavvolgimento e … con due mirini! In compenso manca il contafotogrammi, è sul fondello.

Le ghiere dei tempi e dei diaframmi sono poste sull’obiettivo, obiettivo che va prima estratto e poi bloccato nella sua posizione di lavoro. Se poi si osservano attentamente i valori indicati nella scala dei tempi e dei diaframmi si resta per lo meno disorientati, ma alla fine degli anni quaranta gli standard non erano quelli attuali.

La finitura bicolore satinata del fondello e della calotta, le cromature dell’obiettivo e il rivestimento in pelle (vera?) del corpo macchina lasciano intuire una costruzione robusta. Impressione che trova conferma prendendola in mano: nonostante le dimensioni ’’compatte’’ pesa.

Certamente l’ergonomia non è il suo punto forte, ma grazie all’ottimo rivestimento del corpo, la presa è buona e la posizione dei comandi nonostante tutto non costringe le dita a torsioni acrobatiche.

IMPRESSIONI D’USO

Fotografare con la Candog I, e con macchine simili, è un’esperienza ben diversa da quella che si ha oggi con una moderna reflex, sia con la pellicola che con il sensore digitale: non solo si è costretti ad osservare una precisa sequenza di operazioni finalizzate allo scatto finale, ma si deve anche ragionare sulle scelte effettuate.

Il primo passo, dopo aver aperto la custodia in cuoio marrone, consiste nell’estrarre l’obiettivo e metterlo in posizione di lavoro.

Si studia sommariamente l’inquadratura attraversi il mirino di ripresa, individuando il punto di maggiore interesse da mettere a fuoco; si passa al mirino di sinistra, quello del telemetro, e agendo sulla ghiera a filo del corpo si mette a fuoco sovrapponendo le due immagini.

Successivamente si fa avanzare la pellicola e poi si arma l’otturatore tramite l’apposita levetta posta subito dietro la ghiera dei tempi: attenzione la ghiera di avanzamento della pellicola si blocca dopo ogni fotogramma e sblocca il pulsante di scatto ma non arma l’otturatore.

A questo punto si può valutare l’esposizione o con l’ausilio di un buon esposimetro esterno, magari digitale o volendo rimanere in tema vintage un bel Sixtino…, in grado di indicare i dati con una precisione di almeno 1/3 di stop (tanto per evitare di dover adeguare i valori standard alle scale riportate sulla macchina). In mancanza di meglio non resta che affidarsi alla regola del 16, pardon del 18 visto le scale riportate. Quindi si imposta la velocità di otturazione e il diaframma necessari alla corretta esecuzione della ripresa..

Ora non rimane altro che reinquadrare, ricomporre l’immagine e scattare.

Se si continua a scattare si ricomincia il ciclo studiando la prossima immagine. Altrimenti si sblocca l’obiettivo, lo si fa rientrare nel corpo e si richiude la custodia.

Visto che la macchina è sprovvista di un qualsiasi blocco di sicurezza contro le doppie esposizioni è buona norma darsi un proprio modus operandi al fine di evitare doppie esposizioni o scatti a vuoto involontari.

Ma come si comporta la Candog I sul campo? A dispetto della sua età questa macchina si difende ancora bene e non solo con le pellicole bianco nero, ma anche con le diapositive a patto di aver superato la sindrome da mancanza dell’esposimetro.

Andare in giro con questa macchina ormai sulla sessantina e scattare fotografie ha un suo fascino, non è l’atto autolesionista imposto da una volontà anti modernità, ma diventa il piacere di prendersi il giusto tempo per meditare sulle proprie azioni prima di portale a compimento.

Ma non parliamo di difetti, è ingiusto: è perfetta così com’è.

 ACCESSORI

Borsa pronto in cuoio marrone, rivestita all’interno con velluto; riporta però la scritta ’’Ferrania’’.

PRO

(ieri e oggi)

Otturatore centrale.

Silenziosità durante lo scatto, all’aperto si corre il rischio di non percepirlo..

Sincronizzazione totale del flash.

Correzione diottrica del mirino di messa a fuoco.

CONTRO

(più o meno)

Contapose sul fondello, ma anche nella borsa pronto c’è una finestrella per controllarlo.

Una certa lentezza operativa.

Mancanza di blocco contro le doppie esposizioni o scatti a vuoto accidentali.

Attacco sincro flash fuori standard.

REPERIBILITA’ E PREZZI

Su Ebay e nelle varie fiere-mercato dell’usato fotografico si fatica un po’, ma non troppo, per trovare una Condor I (marchiata Ferrania) o qualche versione successiva.

Se invece si vuole cercare proprio la Candog I (Officine Galileo) allora il discorso si complica molto: su Ebay è introvabile, come del resto sulle bancarelle delle fiere-mercato dell’usato fotografico. L’unica fonte potrebbe essere uno zio emigrato in Australia oltre 60 anni fa che ne ha una sepolta in qualche cassetto o dimenticata nel sottotetto.

Le quotazioni medie dell’usato per una Condor I si aggirano tra 50€ e 150€ circa.

Dare un valore alla Candog I è molto più difficile: qui subentrano i fattori rarità e collezionismo, e la valutazione finale può riservare delle sorprese.

 

Rispondi