Mamiya RB67 Pro SD

MAMIYA RB67 Pro-SD
… e ora qualcosa di veramente grosso …

Il sottotitolo già dovrebbe far riflette chiunque: la RB67 non è una fotocamera così grande e pesante come ve la immaginare … è molto di più!
Se non l’avete vista prima dal vivo (lei oppure la cugina RZ67) il primo contatto fisico vi lascerà nel migliore dei casi sfuggire un pensiero del tipo “…. ma in foto non sembrava così …” seguito nel 99% dei casi da espressioni verbali molto più colorite.
Se invece avete avuto la fortuna di averla incontrata di persona (poco importa se era una RZ67) lo choc non è poi così devastante, tutto sommato sapevate a cosa vi aspettava … anche se dopo 5 minuti che la tenete in mano vi accorgete che da 3 minuti e 45 secondi vi state chiedendo perché l’avete presa. Poco male, dopo mezz’ora disdite l’abbonamento in palestra e uscite a scattare portandovi dietro un cavalletto adeguato e infine dopo un mese, sempre che non l’abbiate già rivenduta, avrete una forma fisica incredibile.

Mamiya RB67Dopo questo prologo semi-serio (e neanche tanto semi …) torniamo a parlare della Mamiya RB67 Pro-SD, una macchina fotografica nata per usare le pellicole in rullo tipo 120 e 220 restituendo principalmente negativi in formato 6×7, il suo formato nativo, ma in grado di spaziare dal “piccolo” 6×4,5 all’inusuale 6×8 passando per un 7×7 su pellicole istantanee. Le Mamiya della serie RB per la loro mole e stazza sono generalmente considerate macchine da studio e muli da lavoro per professionisti; oggi nell’era digitale, complice anche il prezzo accessibile, sempre più spesso finiscono in mano ad amatori che osano pure portarle in giro e godere della qualità delle loro ottiche anche per riprese fuori dalle quattro mura di una sala posa.

CENNI STORICI

La storia delle Mamiya della serie RB67 inizia oltre 40 anni fa e, attraverso tre versioni, si estende fino quasi ai giorni nostri. La capositipte di questa longeva serie è la RB67 Professional (RB67 Pro) prodotta e commercializzata a partire dal lontano 1970, innovativa fin da subito con il  caratteristico e rivoluzionario dorso rotante che permette inquadrature orizzontali o verticali senza dover inclinare di lato tutto il corpo.
Verrà sostituita nel 1974 dalla RB67 Professional-S (RB67 Pro-S) che apporta alcune migliorie al progetto originale, quali un blocco contro le doppie esposizioni e un blocco delle manopole di messa a fuoco oltre ai riferimenti mobili che delimitano il campo inquadrato in orizzontale, ma mantenendo la compatibilità in tutto e per tutto con la serie precedente.
Nel 1990 è infine la volta della RB67 Professional-SD (RB67 Pro-SD), oggetto di questa recensione, che si differenzia dalle precedenti soprattutto per il diametro maggiorato di 7mm dell’anello interno dell’attacco degli obiettivi, operazione che ha consentito la realizzazione di alcune ottiche specifiche come il 75mm decentrabile e alcuni teleobiettivi con lenti apocromatiche. Il manuale in inglese è facilmente reperibile in rete su diversi siti, compreso quello del produttore.

COME FUNZIONA

La Mamiya RB67 Pro-SD si presenta con un look molto professionale con un abito completamente nero che non lascia dubbi sulla sua sua destinazione: è una macchina pensata e costruita per chi con la fotografia si guadagna da vivere e non per chi fa due foto ricordo alla famiglia durante la scampagnata domenicale. Oggi in piena era digitale qualcosa è cambiato e qualcuno ha scoperto che pure le classiche foto fatte per pura passione nel tempo libero con una medio formato di questo genere hanno una marcia in più.

Le generose dimensioni dello specchio, in cui si intravedono anche le guide rosse orizzontali
Le generose dimensioni dello specchio, in cui si intravedono anche le guide rosse orizzontali

Il corpo della Mamiya RB67 Pro-SD è il classico “cubo” al quale devono essere attaccati un po’ di accessori per poter scattare, ovvero: un obiettivo, uno schermo di messa a fuoco completo di sistema di mira (pozzetto o prisma) e un dorso porta pellicola. Il corpo nel caso della Mamiya RB67 Pro-SD, come pure con le predenti RB67, svolge la funzione di “collegamento” tra i vari componenti, oltre ad essere la sede dello specchio reflex e del soffietto di messa a fuoco, il tutto ovviamente completo dei necessari meccanismi e della piastra frontale su cui innestare gli obiettivi. Tutte le altre funzioni sono delegate ai vari pezzi che compongono l’insieme.
Guardandolo dall’alto si nota subito l’alloggiamento dello schermo di messa a fuoco, coperto dal mirino a pozzetto o da quello prismatico. Sul lato destro spicca la grande leva di riarmo del sistema specchio-otturatore, che non fa però avanzare la pellicola; inoltre su questo lato è presente una manopola destinata al controllo della messa a fuoco. A fianco del soffietto è presente una tabella avente la funzione di indicare le distanze di messa a fuoco per gli obiettivi previsti dal sistema, le lunghezze focali indicate sono quelle comprese tra 50mm e 360mm, rimangono quindi esclusi il fish eye da 37mm e il tele da 500mm. La tabella inoltre riporta per ogni ottica la compensazione dell’esposizione da apportare in base all’allungamento del soffietto.

La scala MAF e compensazione
La scala MAF e compensazione

Le ottiche indicate su questa scala–tabella variano a seconda se si tratta di una RB67 Pro, RB67 Pro-S o RB67 Pro-SD e pure all’interno della singola serie in base al periodo di produzione; nel caso della mia Pro-SD la scala comprende pure un 110mm, ottica mai realizzata ma risultato di una riduzione e razionalizzazione dei costi di produzione in quanto la stessa scala viene applicata sulla Mamiya RZ67 Professional II.
Sul lato sinistro si trova una seconda manopola di messa a fuoco, completa di leva di blocco e solidale con quella del lato destro, e una slitta porta accessori standard priva di contatto caldo.

Il frontale con il grande bocchettone
Il frontale con il grande bocchettone

Il frontale alloggia il soffietto e la piastra porta ottica completa dei collegamenti meccanici necessari a far funzionare l’otturatore posto in ogni obiettivo. In basso a destra si trova il pulsante di scatto con filettatura standard per scatto a distanza e ghiera di blocco per prevenire scatti accidentali. Manca un pulsante di sblocco dell’ottica in quanto queste sono bloccate tramite un anello si serraggio.
Sul dorso del corpo è alloggiato la piastra porta dorso che consente di ruotarlo di 90° al fine di ottenere un inquadratura orizzontale o verticale, inquadratura che viene segnalata anche nel mirino tramite la presenza, o assenza, di riferimenti mobili. Questa piastra è intercambiabile in quanto per l’uso del dorso a lastre singole e/o del dorso polaroid deve essere sostituita con un modello apposito.

L'innovativo revolving back
L’innovativo revolving back

Il presenza del dorso rotante ha comportato la realizzazione di un mirino di dimensioni maggiori di quello del fotogramma che verrà impresso sulla pellicola, questo al fine di poter osservare tutta la scena inquadrata sia in orizzontale che in verticale. Al fine di far capire al fotografo quali sono i limiti reali dell’inquadratura sono presenti due serie di line parallele che delimitano l’area del fotogramma: quelle che indicano i limiti superiore e inferiore, in caso di inquadratura orizzontale, sono rosse e ruotando il dorso in posizione verticale scompaiono, quelle che delimitano il lato destro e sinistro in caso di inquadratura verticale sono tratteggiate di colore nero e incise nello schermo di messa a fuoco (non sono presenti sugli schermi della primissima serie).
Lo specchio reflex nasconde una paratoia che serve a proteggere dalla luce la pellicola caricata nel dorso. Il fondello del corpo accoglie solo l’attacco per treppiede.

Tutte le ottiche sono provviste di un proprio otturatore centrale completamente meccanico comandato della ghiera posta sull’ottica medesima; inoltre è presente una seconda ghiera ruotabile simile a quella classica di messa a fuoco che ha la sola funzione di facilitare il calcolo della profondità di campo, mentre in alcune ottiche è collegata a un gruppo di lenti (ma non a tutte le lenti!) e a seconda della sua rotazione sposta questo gruppo di lenti in avanti o in dietro (per qualche decimo di millimetro) al fine di correggere l’insorgenza di quelle aberrazioni che insorgono al variare della distranza di messa a fuoco, in particolar modo con la messa a fuoco molto ravvicinata.
Sull’ottica sono inoltre posizionati il cursore di attivazione della posa T, una presa di collegamento al flash via cavo, il comando per la previsualizzazione della profondità di campo e la presa del comando di alzo preventivo dello specchio. Tutte le ottiche sono realizzate in modo da avere la messa a fuoco ad infinito con il soffietto completamente retratto nel corpo macchina, sistema utile a ridurre gli ingombri e a diminuire gli sforzi sul sistema di messa a fuoco.
Visto il notevole allungamento del soffietto, cosa utile per riprese a distanza ravvicinata, sul suo lato destro è collocata una tabella che indica le eventuali correzioni dell’esposizione da apportare in base all’allungamento del soffietto e in base all’ottica in uso.
Per quanto le ottiche e alcuni accessori della Mamiya RB possano essere usate con la Mamiya RZ non è assolutamente vero il contrario: le ottiche della Mamiya RZ non possono essere usate con la Mamiya RB. Anche i dorsi dei due sistemi non sono compatibili. Possono invece essere usati quasi indifferentemente i mirini dell’una sull’altra, rinunciando però alle funzioni esposimetriche dei mirini RZ usandoli sulla RB, il quasi è dovuto in quanto prima di avventurarsi a capofitto in queste operazioni al limite è opportuno fare una prova con la dovuta calma e perizia.
Vale la pena di spendere qualche altra riga sulle ottiche dotate di lenti flottanti: si tratta di un dispositivo ottico presente in molti obiettivi di diversi costruttori e consiste in una o più lenti che vengono spostate lievemente a seconda della distanza di messa a fuoco al fine di correggere aberrazioni e distorsioni tipiche di ogni obiettivo. Se questo nella maggior parte dei casi avviene automaticamente ruotando la ghiera di messa a fuoco; nelle ottiche per la Mamiya RB67, non essendoci una ghiera di messa a fuoco, è stata introdotta ghiera apposita. Le ottiche  provviste del sistema di lenti flottanti sono il 50mm C, i 65mm C e FL, il 75mm FL non decentrabile, il 90mm FL e i 140mm C e FL macro.

Mamiya RB67Quanto sopra potrebbe dare l’impressione di trovarsi di fronte a macchina estremamente complessa, e un po’ lo è, ma allo stesso tempo è una macchina intuitiva nell’uso e nonostante le apparenze non complica la vita al fotografo. La macchina è grossa, ingombrante e pure pesante, ma a dispetto di questa sua fisicità la si può tenere in mano (meglio nelle mani) senza troppi problemi e risulta tutto sommato maneggevole e intuitiva.
L’ergonomia è ben studiata e tutti i comandi sono ben posizionati e facilmente azionabili sia nell’uso “naturale” su treppiedi che in quello a mano libera. Neanche le temibili due leve di riarmo otturatore e quelle separata dell’avanzamento pellicola complicano la vita e già al terzo rullo sembra già di farlo da una vita. Il sistema di messa a fuoco tramite slitta e soffietto, una tradizione in casa Mamiya, è molto preciso e consente di non dover staccare completamente la mano dal corpo macchina; utile la possibilità di bloccare la messa a fuoco. La lettura delle scale di distanza richiede un po’ di esercizio; utile, anzi indispensabile in caso di uso di esposimetro esterno, l’indicazione della compensazione dell’esposizione in base all’allungamento del soffietto. Lo schermo di messa a fuoco impressiona sia per le sue dimensioni che per la sua nitidezza, tant’è che viene spesso ricercato anche per essere adattato su altri tipi di fotocamere meno luminose (su certe Rolleiflex, per esempio).
La ghiera dei tempi dell’otturatore presenta solo valori interi compresi tra 1 secondo e 1/400 di secondo (400 sulla ghiera), in compenso permette di sincronizzare il flash con tutti i tempi. La ghiera dei diaframmi presenta degli stop intermedi che consentono un maggiore controllo dell’esposizione.

Mamiya RB67La macchina testata nell’ambito di questa recensione è completa di dorso 120, obiettivo da 90mm. serie KL e pozzetto per la messa a fuoco. Un set, come già accennato sopra, di dimensioni riguardevoli ma piacevolmente maneggevole e di facile impiego. L’unica cosa che realmente chiede un attimo di assuefazione è il sistema di messa a fuoco ma presa confidenza con le manopole non se ne farebbe più a meno.
Un’altra cosa che crea assuefazione è il dorso rotante: passare da un inquadratura orizzontale a una verticale senza dover ruotare il corpo è il sogno proibito di molti fotografi, soprattutto di quelli che si dedicano alle macchine medio formato. All’atto pratico c’è il rischio di perdere troppo tempo a studiare un inquadratura ed essere indecisi tra quella orizzontale e quella verticale, se questo in studio è un problema relativo portandosi dietro la macchina si rischia di perdere l’attimo decisivo o di spazientire la dolce metà e i bimbi in posa davanti a un paesaggio incantevole.
Superato questo ostacolo e i vari blocchi di sicurezza, dopo aver calcolato l’esposizione e aver di conseguenza impostato i valori di tempo e diaframma, si è finalmente pronti a scattare; operazione questa che dovrebbe essere fatta con un po’ di prudenza visto che il pulsante di scatto è fin troppo sensibile capita facilmente che impugnando la macchina carica si spreca un fotogramma, fatto che unito all’autonomia limitata a 10 fotogrammi su una pellicola formato 120 può risultare poco piacevole; aiuta, in questo caso, tenere sempre il volet del dorso inserito quando non si è in procinto di scattare.
Piacevole, anzi molto piacevole, invece è l’ampio schermo destinato alla messa a fuoco … rischia solo di far odiare i mirini della altre macchine fotografiche.
Il pulsante di scatto risulta ben calibrato e il rumore prodotto al momento dello scatto … ok, lo so che lo specchio reflex è grande quanto quello di un camion e che la macchina è completamente meccanica fatta in buona parte di robusto metallo e di parti sovradimensionate e quindi ci si aspetta un bel botto … invece è ridotto al minimo indispensabile, inferiore pure a quello di molte reflex 35mm!

L'ottica 90mm
L’ottica 90mm

Aggiungo una nota sul famigerato anello da aggiungere nella parte interna delle ottiche a titolo di compensazione per il maggiore diametro del bocchettone delle Pro-SD rispetto alla Pro e alla Pro-S. Ebbene questo elemento sebbene utile non è indispensabile e nell’uso pratico non cambia nulla se c’è o se non c’è, ovvero le ottiche anche sprovviste di questo elemento si possono utilizzare senza alcun timore e problema con la Pro-SD.

DATI TECNICI

Modello: Reflex medio-formato 6×7 cm., anche se la Pro-SD è di fatto una 6×8. Mono obiettivo con esposizione manuale. Sistema modulare basato sull’intercambiabilità di ottiche, dorsi, mirini, ecc. Messa a fuoco manuale.
Formati: quello standard è 56×69,5 mm., poi possono variare a seconda del dorso impiegato da 56×41,5mm al 56x76mm.
Baionetta: A baionetta Mamiya RB con anello di serraggio esterno e blocco di sicurezza incorporato. La baionetta della Pro-SD presenta il foto centrale allargato di 7mm rispetto alla Pro e alla Pro-S.
Obiettivi Standard: Mamiya K/L 127 mm. f/3,5 L e Mamiya K/L 90mm f/3,5 L.
Obbiettivi Intercambiabili: Possono essere montati tutti gli obiettivi previsti per i sistemi RB67, va specificato che non tutte le ottiche della serie K/L possono essere impiegate sulle precedenti RB67 Pro e RB67 Pro-S a causa del maggiore diametro della lente posteriore.
Modi d’Esposizione: Esposizione manuale, la macchina non è dotata di un proprio sistema esposimetrico. E’ possibile montare mirini a pentaprisma dotati di sistema esposimetrico che però non è in grado di trasmettere i dati dei tempi e del diaframma ai relativi sistemi.
Otturatore: Centrale, mod. Seiko #1, a controllo completamente meccanico costituito da cinque lamelle metalliche, tempi di posa selezionabili tra 1” e 1/400 sui soli valori interi che intermedi, variabili a mezzo ghiera, più posa T.
Flash: Accessorio. Esposizione manuale o automatica se il flash è previsto di un proprio circuito esposimetrico. Sincronizzazione tramite presa sincro posta sull’obiettivo, selezionabile tra X o M sulle ottiche più anziane e solo X su quelle più recenti.
Autoscatto: Non previsto; può essere montato uno meccanico di tipo universale sul pulsante di scatto.
Esposimetro: Non previsto.
Compensazione dell’Esposizione: Non prevista.
Mirino: Standard a pozzetto, disponibili sia diversi mirini a pentaprisma esposimetrici e non che mirini a pozzetto fisso (a ciminiera) con e senza esposimetro. Il campo inquadrato e l’ingrandimento varia a seconda del mirino montato sul corpo macchina. Il mirino a pozzetto è dotato di una lente d’ingrandimento per agevolare la messa a fuoco. Gli schermi di messa a fuoco sono intercambiali, il modello standard è completamente smerigliato.
Messa a Fuoco: Manuale agendo su una delle due manopole a lato del soffietto, quella di sinistra è provvista di una leva di blocco. La messa a fuoco avviene spostando la piastra porta-ottiche sulla quale si innestano gli obiettivi (questi ultimi privi di elicoide di messa a fuoco). La scala delle distanze è riportata sul lato destro del soffietto, quella riportata sull’ottica serve per calcolare la profondità di campo e, nel solo caso di obiettivo con lenti flottanti, a correggere le aberrazioni in base alla distanza di ripresa.
Indici nel Mirino: Nessuna.
Segnali Acustici : Nessuno.
Avanzamento Pellicola: Tramite leva di avanzamento rapido ad azione singola o additiva, rotazione in senso antiorario di 180° circa. Possibilità di avanzamento motorizzato con apposito dorso.
Armo Otturatore e Specchio: Il riarmo dell’otturatore centrale e l’abbassamento dello specchio, che non ritorna automaticamente dopo lo scatto, si ottiene azionando la leva posta sul lato destro del corpo; l’azione della leva è singola e torna in posizione solo dopo averla azionata per tutta la sua corsa. Questa leva non fa avanzare la pellicola in quanto non esistono collegamenti con il dorso.
Contapose: Additivo, presente sul dorso portapellicola e non sul corpo, numero di esposizioni variabile in base al dorso impiegato, ad azzeramento automatico a fine pellicola. La finestrella del contapose ha un promemoria che indica lo scatto effettuato.
Esposizioni multiple: possibili senza limitazioni, tramite azionamento dell’apposita levetta posta sul dorso.
Alimentazione: Nessuna
Dorso: Intercambiabile anche con pellicola parzialmente esposta; svolge la funzione di porta pellicola. Disponibile in vari modelli a seconda del tipo di pellicola impiegato o del formato. I dorsi sono disponibili nei formati 6×4,5, 6×7 e 6×8 ad avanzamento manuale o motorizzato: sono inoltre disponibili un dorso per pellicole polaroid (tipo 100 e 660), formato immagine 7×7, e uno per pellicole in lastre, formato immagine 6×7.
Dimensioni: Corpo con mirino a pozzetto, dorso per rulli 120 e obiettivo KL 127 mm: lunghezza 233 mm; altezza 144 mm; larghezza 105 mm.
Peso: 2.645 gr.

PRINCIPALI ACCESSORI:

Dorsi porta pellicola
Mirini di vario tipo
Obiettivi originali
Schermi di messa a fuoco
Impugnatura laterale

PRO:

Otturatore centrale
Dorso rotante
Modularità del sistema
Qualità delle ottiche
Possibilità di digitalizzare la macchina

CONTRO:

Peso e dimensioni non indifferenti
Assenza di un esposimetro incorporato
Otturatore limitato a “solo” 1/400

REPERIBILITA’ E PREZZI:

Parlando di Mamiya RB67 in generale su Ebay non si fatica a trovarla in Italia o all’estero, mentre una Pro-SD è già più rara (specie a buon prezzo); il prezzo subisce forti variazioni dettate più dalla voglia di realizzare una buona vendita che dalle condizioni reali della macchina. Di solito non conviene comprarla a pezzi ma come kit completo visto che l’acquisto dei singoli pezzi fa lievitare di molto  la spesa finale.
Se ci si rivolge a negozianti specializzati in usato e ai mercatini la disponibilità non manca, ma un controllo approfondito è d’obbligo come sempre e consiglio vivamente una piccola prova visto che lo stato di salute non dipende solo dall’aspetto esteriore. In particolare per le più anziane Pro e Pro-S va controllato con molta attenzione lo stato di conservazione delle guarnizioni a tenuta di luce, sia quelle del dorso che quelle della piastra rotante, e di quelle poste ai lati dello specchio. Potendo visionare la macchina prima dell’acquisto va data un occhiata alle guarnizioni a tenuta di luce tra il dorso e il corpo macchina: un loro degrado ne rende necessaria la sostituzione, quindi o il venditore si assume l’onere o vi concede uno sconto. A breve aggiungeremo nella sezione DIY un tutorial per la sostituzione delle guarnizioni, operazione fattibile anche a casa.
Quotazioni medie dell’usato sono altalenanti, su ebay e nei mercatini dell’usato la quotazione media varia tra i 250€ e i 500€ per un kit completo di corpo, dorso, mirino a pozzetto e ottica: l’ampia forbice di prezzo dipende in genere dall’ottica montata. Richieste superiori ai 500€ devono essere supportate da una buona gamma di accessori e/o da condizioni impeccabili della merce proposta.

CONSIDERAZIONI PERSONALI:

Fotografare con una Mamiya RB67 Pro-SD, ma anche con la precedenti Mamiya RB67, è un’esperienza che rischia di cambiare la vita al fotografo e questo non solo per la qualità finale dell’immagine, ma anche per la filosofia di fondo di questa macchina: ogni scatto diventa la somma di un profondo ragionamento, di calcoli accurati, di ripensamenti sull’inquadratura e non è soltanto un attimo sottratto furtivamente allo scorrere del tempo. In fondo sono i rischi connessi all’uso di macchina estrema ma non impossibile.

One thought on “Mamiya RB67 Pro SD

  1. Nell’articolo, mi chiedevo se un obiettivo mamiya sekor 127mm 4.7 montato sulla polaroid 600se possa essere compatibile…
    Anche con un anello

    Grazie
    Saluti
    Marco

Rispondi