FSMGallery: mostra finale studenti corso di fotografia

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Mostra degli studenti del Terzo anno

Corso Triennale di Fotografia 2012/2013

Fotografie di
Martina Aiazzi Mancini, Martin Bacci, Chiara Baldini, Andrea Beretta, Beatrice Bruni,

Serena Gallorini, Enrico Libutti, Vittorio Marrucci, Massimo Tordini

dal 20 settembre al 31 ottobre

dal lunedì al sabato dalle 15 alle 19

Ingresso libero

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via San Zanobi 19R, Firenze

T. +39 055 280368
M. +39 345 7206206
F. +39 055 215052

exhibitions@studiomarangoni.it

La mostra rappresenta l’atto finale dell’anno accademico e presenta i lavori che gli studenti hanno preparato nei mesi precedenti sotto la supervisione, ciascuno, di un relatore; tale lavoro può considerarsi come una vera e propria tesi di laurea, che parte da idee presentate dagli stessi studenti all’inizio dell’anno e sviluppate sotto la guida dei relatori.

I partecipanti alla mostra, con i relativi relatori e titoli dei progetti, nonchè una breve presentazione, sono esposti qui di seguito:

Martina Aiazzi Mancini

Looks like morning in your eyes

un anno con Aurora

Relatore: Irene Alison

Il progetto è nato il giorno in cui Aurora è venuta al mondo. Ho deciso di raccontare la sua storia attraverso un intimo diario fotografico: fatto di dettagli, attimi e gesti.

Martin Bacci

L’età ritrovata

Relatore: Giorgio Barrera

Le immagini che mostro sono una piccola serie di dittici di questo mio lavoro, ancora in progress, che vuole investigare sul mondo di alcune donne che, entrate negli “anta” non si arrendono al passare del tempo e riescono a mantenere intatta la curiosità e la freschezza tipica di un’altra età : la giovinezza. Durante lo svolgimento del progetto ho incontrato e fotografato donne dalle nature diverse: allegre e vitali o timide, estroverse, fantasiose, più cupe o sorridenti, a volte misteriose o sfacciate. È stata la discoteca il luogo che mi ha offerto l’occasione per entrare in contatto con una porzione di un mondo femminile a me sconosciuto. La discoteca è un luogo di distrazione e svago che tende a diluire le tensioni del quotidiano e che permette di socializzare, mettersi in gioco, ma anche di esibirsi, mostrarsi. Nel buio dei salottini o alle luci del bar e ai bordi della pista sono riuscito a scorgere una versione di queste donne e attraverso il mezzo fotografico a entrare in contatto con loro. Il lavoro è andato avanti, ricercando anche una loro immagine privata, osservandole quindi in momenti quotidiani, ambienti a loro familiari, domestici, e cogliendole così in dimensioni più personali e intime.

Chiara Baldini

“Nessuno stato è così simile alla pazzia da un lato e al divino dall’altro, quanto l’essere incinta.

La madre è raddoppiata, poi divisa a metà e mai più sarà intera.” (E. Jong)

Relatore: Nicoletta Leonardi

La mia amica d’infanzia Mayla era incinta. La prima fra le mie amiche ad esserlo, impossibile non fermarsi a pensare a cosa significasse per me. Il mistero della nascita mi affascina. Esiste davvero un istinto che la natura ha dato solo a noi donne che ci permette di annullare noi stesse ed esserne felici? Cosa succede quando una vita ci sta crescendo dentro, una vita che sappiamo dipenderà da noi per ogni cosa, cosa riesce a dare la forza per affrontarne questa apparente ‘follia’? Allora le sono stata accanto ad ogni visita, vicina in ogni momento di dubbio, per capire 
che paure avesse e come le affrontasse e come le stesse cambiando la vita questo spostare il centro al di fuori di se’.
Alla fine il risultato è una sorta di diario di questo percorso, in cui l’ho osservata dall’esterno, costantemente, in un’esperienza che alla fine però è diventata anche un po’ mia ed ha cambiato totalmente il mio modo di vedere la gravidanza.

Andrea Beretta

Grow – up

Relatore: Irene Alison

Una coperta, un ciuccio, un pupazzo: oggetti datati dell’infanzia, passaggi e soglie creative che legano simbolo ed esperienza. È ciò che un famoso psicoanalista inglese, Donald Winnicott, definì oggetto transizionale; cioè un oggetto comune che il bambino usa per passare da un mondo puramente soggettivo di fusione con la madre ad uno di separazione percepito oggettivamente. Le cose del passato si perdono e si dimenticano ma qualcosa resta nell’esistenza, tanto da essere conservata decine di anni dopo nella sua apparente inattualità adulta. L’idea di questo progetto nasce per mettere in scena l’interazione dell’oggetto passato con l’individuo adulto, in un continuum di sguardi che uniscono ciò che è stato a ciò che è adesso.

Beatrice Bruni

La strada per la memoria

Relatore: Roberta Valtorta

“Getta la rete della memoria, la getta attorno a sé e tira su se stesso predatore e assieme preda, oltre la soglia del tempo, oltre la soglia del luogo, per capire chi egli sia stato e chi sia diventato“ (I. Bachmann, Il trentesimo anno)

Quando ero piccola io e la mia famiglia eravamo soliti passare le vacanze nel paese di origine di mia madre, a casa della nonna. Il viaggio era motivo di pura eccitazione. Dal finestrino dell’automobile la visione di immagini di spazi noti e amati. Amati non tanto per la loro bellezza, ma perché luoghi significanti, luoghi della memoria, dell’interiorità, riproposizioni di sé. La casa era bellissima, insuperabile, mitica. Un luogo, allora adorato, oggi carico di ricordi, di rilevanti emozioni. Il mio sguardo vaga alla ricerca di chi non c’è più, di cosa è stato, di chi ero e di ciò che sono adesso.

Serena Gallorini

Les Filles

Relatore: Elena Ceratti

Il dolore fisico e mentale portato da una malattia degenerativa è un soggetto che mi ha sempre procurato un sentimento di pudore misto a timore e rispetto, e mi sono sempre sentita un’intrusa nel guardare lavori che indagassero questi momenti, credo per la paura di trovarmi un giorno ad averci a che fare da vicino e per la mia predisposizione a realizzare immagini surrealiste. Il caso ha voluto che passassi gli ultimi 9 mesi della mia vita ad assistere alla morte di mia mamma. L’ho vista spegnersi e perdere piano piano tutta la forza e l’energia che la caratterizzava ma non la sua dignità ne il suo carattere battagliero. Nel frattempo tentavo di mandare avanti i miei progetti e continuavo a scattare foto a ragazze che travestivo per realizzare immagini che visualizzavo la notte nelle ore di sonno, unico momento di evasione dalla crudezza quotidiana. Ho tentato di dare un senso a tutto questo scattare per mesi, non riuscendo a venirne a capo, fino a che non mi sono resa conto che le immagini delle fanciulle altro non sono che le figlie della sofferenza di mia mamma. La mia personale fuga dalla realtà, o almeno da questa realtà. Nel frattempo scattavo foto ai momenti passati con mamma, con l’iphone, non con l’intenzione di utilizzarle, ma per una sorta di catarsi personale. Mi sono resa conto poi che solo unendo le due serie il lavoro ha un senso, è la storia di un lungo addio. L’ unione di una realtà senza sconti che non potevo cambiare, alla fuga notturna che inconsciamente usavo per reagire ad essa, utilizzando il mio onirico mondo di fiabesche fanciulle per raccontare un dolore chiuso in scatoline nere.

Enrico Libutti

Zeder

Indagine su l’antiromanticismo del posto in cui sono cresciuto.

Relatore: Chiara Capodici

Vittorio Marrucci

www.fotofotoniche.it

Relatore: Arianna Rinaldo

La crisi economica, l’esigenza di vivere fuori dagli schemi di una società consumistica e alienante che spinge all’isolamento e la ricerca di nuove modalità di abitare in stretto rapporto con la natura in un diverso equilibrio fra spazio privato e comunitario sono alcuni dei motivi che stanno spingendo coppie, famiglie e single verso l’esperienza dell’ecovillaggio, termine di derivazione anglosassone che indica una comunità basata prevalentemente su condivisione e approccio ecologico. Lo scopo non è solo quello di condividere la quotidianità e le varie attività, ma quello di dare vita a una micro società eco sostenibile rivolta all’autoproduzione e all’autosufficienza anche energetica nella quale il vero patrimonio comune siano i saperi, le conoscenze e le esperienze di tutti.

Massimo Tordini

Così in cielo, come in terra

Relatore: Nicoletta Leonardi

Mezzo secolo fa il Concilio Vaticano II dava il via a un’importante serie di riforme, all’interno della Chiesa Cattolica, che sembrarono riguardare, però, soltanto la curia e i fedeli. Tra le modifiche, si sancì che non si sarebbe più dovuto considerare la Chiesa come la “Casa di Dio” bensi come la “Casa del popolo di Dio”. Tale variazione, insieme ai cambiamenti apportati alla liturgia, ha influenzato le scelte dei committenti e dei progettisti degli edifici cosi come il cambiamento nella progettazione degli spazi, nonché delle politiche urbanistiche contemporanee, hanno influenzato il modo di vivere gli stessi spazi, non solo quindi un cambiamento per la comunità  cattolica, ma per tutta la società. Nel mio catalogo di chiese progettate dopo il Concilio, ho voluto mostrare i due sguardi, quello della chiesa, che è uscita dalle piazze centrali per occupare quartieri periferici e residenziali; quello del cittadino qualunque, del passante, che deve fare i conti con un’architettura diversa da quella che per secoli ha conosciuto.

Chiara Baldini & Massimo Tordini

Melancolia

Relatore: Nicoletta Leonardi

Il nostro lavoro parla di Melancolia, termine ormai desueto per rappresentare uno stato d’animo, i cui molti significati originari sono stati sostituiti da termini più specifici che individuano diverse patologie psichiche nella modernità. Abbiamo scelto di ambientare le nostre messe in scena in luoghi propri e caratteristici dell’era moderna, ma che avessero già perduto la loro funzione, questo affinché, nella metafora, simboleggino il travaglio interiore che il nostro personaggio, una giovane donna, vive mentre vi si aggira all’interno. In  questo nostro lavoro ci siamo ispirati ad autori e correnti diversi tra loro nella storia dell’arte, senza citarne espressamente nessuno, bensì tentando di darne una reinterpretazione che fosse vicina a noi ed al nostro linguaggio, che è quello della fotografia, disseminando nelle nostre inquadrature degli indizi, come un filo d’Arianna, che possano servire all’osservatore per comprendere in profondità cosa stiamo dicendo, lasciando comunque un certo margine di ambiguità alle immagini.

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