“Lei non sa chi sono io…”
Fra tutti gli “inventori” veri o presunti della fotografia, a Hyppolyte Bayard va sicuramente assegnata la palma del più sfortunato nel non veder riconosciuti i propri meriti e, forse anche perché mal consigliato, nel perdere la possibilità di entrare nella storia come il primo fra tutti.
Ricerche e studi svolti da storici della fotografia, così come gli scritti lasciati da Bayard stesso, sembrano dimostrare, infatti, come i risultati positivi del suo procedimento fotografico siano antecedenti a quelli di Daguerre; purtroppo per lui, però, la storia implacabilmente sentenzia che egli rese pubblico il suo processo solo a fine Febbraio del 1840, mesi dopo la dimostrazione ufficiale del dagherrotipo da parte del connazionale.
Nato in Francia nel gennaio del 1807, non manifesta da subito un particolare talento fotografico, quanto piuttosto una spiccata attitudine alla sperimentazione che si fa strada soprattutto in età adulta quando, nel tempo libero dal lavoro al ministero delle finanze, si dedica assiduamente alla ricerca sulla camera obscura e sulla creazione di immagini stabili.
I suoi tentativi lo portano, nel corso degli anni ’30, a sviluppare due diversi procedimenti, entrambi basati sull’utilizzo della carta quale supporto; il primo, similmente alla calotipia di Talbot, portava alla creazione di immagini negative che venivano a loro volta stampate a contatto per ottenere il positivo.
Il secondo metodo, altrettanto interessante, produceva direttamente delle immagini positive e rappresenta un contributo originalissimo di Bayard: egli sensibilizzava il foglio con cloruro di argento che anneriva completamente dopo essere esposto, creando il fondo nero dell’immagine; il foglio di carta era poi immerso anche in un bagno di ioduro di potassio il quale ha la caratteristica di scolorire lo sfondo in ragione della quantità di luce che riceve.
La formazione delle zone chiare portava quindi ad ottenere una immagine positiva la cui definizione era senza dubbio piuttosto buona, anche in virtù dei lunghissimi tempi di esposizione necessari, spesso oltre i dieci minuti; l’immagine sotto ne rappresenta un valido esempio:
Bayard aveva anche risolto il problema del fissaggio dell’immagine che affliggeva il suo metodo negativo, adottando il bagno con iposolfito di sodio.
Stando ai riscontri storici sulle date, compresa una mostra con circa trenta immagini che Bayard allestì almeno due mesi prima della presentazione del dagherrotipo, appare evidente come egli avesse anticipato sia Daguerre sia Talbot, utilizzando metodi molto simili ai loro; ma, allora, perchè non si parla di lui come del vero inventore della fotografia?
Su questo le scuole di pensiero sono diverse, da chi sostiene che Bayard non avesse piena coscienza dell’importanza del proprio lavoro a chi, invece, afferma che fu vittima di un vero e proprio raggiro a favore di Daguerre.
Di certo c’è che mostrò ad Arago (lo “sponsor” di daguerre) alcune delle sue fotografie, illustrandogli il processo seguito per ottenerle e fu da questi consigliato di non renderlo pubblico! Sempre dalle sue memorie, scopriamo anche che fu consigliato ad abbandonare lo sviluppo del procedimento con negativo in quanto considerato non utile.
Certamente, ormai non è facile ricostruire la realtà, anche se molti elementi fanno pensare che forse la storia andrebbe riscritta in altra maniera; fra le altre cose, ci rimane l’ironia con cui Bayard affrontò lo smacco subito nel vedere riconosciuta a Daguerre una pensione annua di 6.000 franchi (contro i 600 una-tantum che Arago gli fece ottenere): un autoritratto che simula il cadavere di un uomo affogato, con una lunga didascalia che ne illustra il malsano gesto attribuendone la colpa alla depressione per i successi del rivale:
Tuttavia, qualche rivincita se la prese anche il nostro sfortunato eroe quando fu scelto per partecipare alla Mission Eliographique del governo francese: le sue immagini raccolte per l’occasione rappresentano alcuni degli esemplari migliori di tutta l’iniziativa e riscossero notevole successo in un momento in cui il dagherrotipo aveva già intrapreso la sua parabola discendente.