La riduzione delle dimensioni del fotogramma e dell’apparecchio di ripresa è un’esigenza che ha accompagnato l’evoluzione della fotografia fino dai suoi albori: il frazionamento delle dimensioni delle lastre (fino ai sedicesimi), il perfezionamento delle field cameras fino all’introduzione delle pellicole in rullo, sono tutti passaggi compiuti, secondo i canoni della loro epoca, nella medesima direzione.
Un formato come il 4×5, che noi oggi consideriamo “grande”, era poco più che un formato ridotto; il vero limite all’esplosione della miniaturizzazione,fu infranto con l’invenzione ed il perfezionamento dell’ingranditore fotografico: da quel momento, le dimensioni del fotogramma e quelle della macchina furono scollegate, almeno in parte, da quelle della stampa finale. E’ vero che già nel 1839/40 Steinheil produsse una fotocamera che creava immagini di 8×11 mm, ma per essere fruibile questa dovette essere dotata di un visore per ingrandirle e ciò ne limitò la produzione a poco più di dieci esemplari.
L’altro elemento che permise lo slancio verso la minimizzazione delle dimensioni fu l’abbandono del collodio umido in favore delle lastre secche prima e della pellicola su celluloide poi: sul finire del ‘900 si assistette alla nascita dei più disparati tipi di fotocamera, camuffati da libro, posacenere e simili, fino ad arrivare alle dimensioni dei pacchetti di sigarette o degli orologi a catena.
Ma il vero fenomeno della miniaturizzazione e della “subminiature photography” si ebbe con le fotocamere che utilizzavano pellicola 16mm o simile e con le cosiddette “spy cameras” come la Minox. La prima Minox venne sviluppata a partire dal 1934 grazie al genio e all’intuizione di Walter Zapp; si trattò fin dall’inizio di uno strumento di estrema precisione e complessità relizzativa, che venne commercializzato con un buon successo fino all’inizio della seconda guerra mondiale.
La Minox rappresentò, e rappresenta tuttora, il sinonimo principale di fotografia in miniatura, con il piccolissimo formato dei suoi fotogrammi; oltre alle applicazioni spionistiche, che davvero esistevano e anche in maniera massiccia, questo tipo di fotocamere incontrò il favore di tutti quegli amatori che necessitavano di semplici foto ricordo, principalmente da stampare in formato 9×13 cm o inferiore. Questo permise il fiorire sul mercato di modelli di molti altri costruttori, in particolare Yashica e Minolta, nonchè delle sovietiche Kiev 30 e 300.
Tutti questi modelli sono più o meno complessi nella loro costruzione e nel loro funzionamento e alcuni di essi, come alcuni modelli di Minolta 16, costruiti con materiali e ottiche che permettono una qualità di immagine ben superiore a quella che ci si aspetta come standard per il formato, permettendo di ottenere immagini ben fruibili e di buona qualità anche ad ingrandimenti elevati.
I formati di pellicola principalmente utilizzati in queste forocamere sono tre: 8 mm, 9,5 mm e 16 mm, mentre diversi sono i formati dell’immagine impressionata, dovuti anche alle differenti perforazioni (e quindi ai meccnismi di trascinamento) che avevano le pellicole preconfezionate; nella tabella seguente riportiamo i formati di pellicola e fotogramma utilizzati per le fotocamere che ebbero la maggio diffusione sul mercato:
Tipo pellicola | Formato ftg | Fotocamera |
8 mm | 6,1 x 6,1 mm | Echo 8mm |
9,5 mm | 8 x 11 mm | Minox |
16 mm | 10 x 10 mm | Minicord |
16 mm | 10 x 14 mm | Minolta 16, Kiev 30 |
16 mm | 11,5 x 14,7 mm | Mikroma |
16 mm | 12 x 17 mm | GaMi 16 |
16 mm DP | 10 x 14,7 mm | Mikroma |
Nella prossima parte affronteremo alcuni dei modelli più diffusi.