Da poco Maco ha introdotto la nuova pellicola a 25 ISO che va a completare, insieme alle 100 e 400 ISO presentate un paio di anni fa, la famiglia RPX, ora più che mai simile nei contenuti alla storica linea Agfa Pan APX. Agli annunci ufficiali è seguita la diffusione dei primi stock di pellicola, che ora si può trovare anche nei negozi italiani nei formati 120 e 135 (36 pose e bobina da 30,5 mt) ed è cominciato lo scambio di informazioni nei forum e gruppi di discussione in merito alle caratteristiche e alle possibilità di sfruttamento di questa nuova emulsione.
La scelta di Maco di introdurre la Rollei RPX 25 ha sicuramente suscitato entusiasmo, dovuto anche al fatto che la nuova arrivata va a coprire un buco lasciato scoperto dalla fine della produzione della Efke 25 (benchè le caratteristiche siano diverse) e non riempito dalla Rollei PAN 25, generalmente non molto apprezzata ed è quindi prevedibile una buona diffusione fra i fotoamatori.
La nuova RPX è una piacevole sorpresa già dalla prima vista della confezione, che si presenta particolarmente curata e diversa da quelle tipiche di Rollei, molto più vicina ai packaging di Ilford e Kodak; è presente infatti uno scatolino in cartoncino di gradevole colore nero con scritte gialle e grigie, che contiene la bustina in alluminio protettiva del rullo. La data di scadenza (Gennaio 2018 per questo primo lotto) è impressa sia sul cartone che sull’alluminio, mentre all’interno del cartoncino sono presenti le informazioni per lo sviluppo della pellicola, molto utili vista la novità, anche se alcune presentano notevoli somiglianze con quelle della Agfa APX 25. I tempi di sviluppo di partenza proposti da Maco sono i seguenti (agitazione o rotazione, 20°C):
Rivelatore | Diluizione | Tempo (min) |
Rollei Supergrain | 1+12 | 5 |
Rollei RLS | 1+4 | 12 (24°C) |
Rodinal | 1+25 | 6 |
Rodinal | 1+50 | 11 |
Studional | 1+15 | 5.30 |
Studional | 1+31 | 7 |
Ilford ID-11 | 1+1 | 8 |
Ilford Perceptol | 1+1 | 10 |
Kodak D76 | 1+1 | 8 |
Kodak XTol | 1+1 | 8 |
Kodak HC-110 | B | 5 |
Paterson FX39 | 1+9 | 8 |
Tetenal Ultrafin+ | 1+4 | 5 |
Per questa prima presa di contatto ho optato per il Rodinal 1+25, ben collaudato con la APX 25, soprattutto per verificare se le promesse di grana finissima sono rispettate; gli scatti sono stati eseguiti con una fotocamera Zenza Bronica ETRS in formato 6×4,5, mentre l’esposizione è stata sempre misurata in luce incidente (ambiente o flash) non spot.
Senza soffermarsi sulla fase di sviluppo, giova ricordare che il supporto è piuttosto sottile e quando si va a svolgere la pellicola per inserirla nella spirale bisogna prestare un po’ di attenzione ed inserirla con delicatezza onde evitare che si formino pieghe; inoltre, ci deve essere una notevole componente elettrostatica in quanto al momento di separare la pellicola dalla carta protettiva si sono sviluppate alcune scintille, nonostante l’operazione sia stata effettuata con la massima cautela. Inoltre, il supporto sviluppato asciuga molto rapidamente e pare rifuggire la polvere!
Al termine dello sviluppo si nota subito come l’emulsione sia stesa su un supporto estremamente trasparente, come quello, per chi la ha provata, della Rollei CN200: questo dovrebbe facilitare le operazioni di scansione ma può dare un aiuto anche in fase di stampa tradizionale.
La vista di insieme del rullo di prova mostra delle immagini ben sviluppate e delle scritte ai bordi della pellicola chiare e perfettamente leggibili, a riprova che il tempo suggerito per il Rodinal risulta corretto (sembra scontato, ma non sempre è così….), e non rimane quindi che andare a verificare quale è il responso della scansione, alla quale seguirà quello ben più probante della stampa su carta chimica.
La prima cosa che ci si aspetta da una pellicola di questo tipo è che sappia catturare con precisione dettagli anche minuti (sempre se l’ottica di ripresa lo permette), pertanto i primi due scatti sotto riportati sono serviti proprio per avere una prima valutazione in merito. Al netto delle interpolazioni che il software di scansione e di conversione può avere effettuato, l’osservazione del negativo al lentino conferma che il dettaglio catturato nelle sfumature (per esempio nella corteccia della foto a sx) è veramente fine. Questo fa ben sperare di ottenere stampe dettagliate di grandi dimensioni anche da un negativo 6×4,5!
E’ importante ricordare, però, che questa impressione di dettaglio è anche aiutata dal contrasto generato con lo sviluppo in Rodinal 1+25.
Altro elemento importante per ottenere forti ingrandimenti senza decadimento qualitativo è, come ricordato all’inizio, la finezza della grana: in questo caso, il rivelatore e la diluizione scelti non sono certo la soluzione migliore, ma la pellicola mantiene ampiamente le promesse del produttore ed offre una granulosità finissima ed estremamente piacevole; l’ingrandimento qua sotto è decisamente esplicativo del dettaglio che si riesce a mantenere:
Le immagini sono state scattate a luce ambiente, sia in interni che in esterni (certo la giornata grigia e piovosa non era delle migliori), oppure in interni con luce flash; cercando di valutare grossolanamente la latitudine di posa, si è cercato di fare alcune sovra e sottoesposizioni delle stesse immagini. In entrambi i casi, pare che i due stop di staratura siano già troppi (sicuramente in sovraesposizione): l’impressione è confermata sia dalla scansione che dalla visione diretta del negativo, ma l’ultimo responso lo chiederemo ad una prova sotto l’ingranditore. Le due immagini qua sotto mostrano la differenza fra una esposizione corretta e una di due stop più lunga:
Questo sbilanciamento non si presenta se il tempo di esposizione diventa piuttosto lungo, superiore ai 10 secondi; ciò è probabilmente dovuto al manifestarsi di un difetto di reciprocità, sul quale però al non sono ancora disponibili dati; posso presumere che sia analogo a quanto avveniva per la APX 25 (1,5 stop di variazione per tempi superiori a 10 sec), e le due immagini sotto parrebbero confermarlo:
La risposta all’uso del flash appare corretta anche in quei casi dove forti variazioni di luminosità all’interno dell’immagine rischiano di renderne illeggibili alcune parti. Un flash sparato quasi frontalmente e molto ravvicinato come nella foto a lato non ha impedito, infatti, lo sviluppo di una estesa gamma tonale, mantenendo leggibili i dettagli anche nelle parti più luminose.
La gamma è, comunque, più estesa quando non si utilizza il flash e, se si tiene conto del fattore di correzione della reciprocità (e si dispone di un buon cavalletto!), le lunghe esposizioni non rappresentano assolutamente un problema.
In definitiva, questa prima presa di contatto conferma che la Rollei RPX 25 è sicuramente una buona nuova per l’ambiente fotografico, ultimamente un po’ stressato dalle continue (o incombenti) dismissioni di prodotti, e si presenta come una pellicola che può dare soddisfazioni in un ambito piuttosto ampio, sicuramente più vasto di quello che lascerebbe intendere un’emulsione da soli 25 ISO. Queste prime valutazioni meritano di essere approfondite sia provando al più presto la stampa chimica di questi negativi sia proseguendo le prove con differenti rivelatori e anche nel formato 135. I successivi aggiornamenti verranno pubblicati come prosecuzione di queste note.